“Le cinque giornate di Palermo” – documento politico di sintesi

Dopo un mese
di mobilitazione nazionale, nelle giornate del 15 e 16 novembre,
all’assemblea nazionale della Sapienza di Roma il movimento
universitario si è proposto di elaborare non solo un bilancio delle
tappe fino a quel momento percorse ma anche una prospettiva di lotta
valida e sostenibile per i mesi a venire. Il contributo che abbiamo
voluto dare a Palermo, con l’iniziativa delle “cinque giornate”,
è voluto essere una riflessione complessiva sull’attuale crisi
economica, nella quale si sono collocati e si collocano, a nostro
avviso, non solo i feroci tagli che si sono abbattuti sul sistema
della formazione e sull’intero settore pubblico, ma anche gli ormai
ventennali processi di precarizzazione del mondo del lavoro e della
società tutta.

Abbiamo
voluto ribadire con forza la nostra totale opposizione ai recenti
provvedimenti legislativi dell’attuale governo: la legge 133 si
dimostra paradigmatica di un attacco spietato a tutto il settore
pubblico, inserendo i tagli all’università da più parti
contestati in un generale processo di “razionalizzazione” che
vede tutto il settore pubblico del nostro paese essere sottoposto a
processi di turn-over, tagli indiscriminati dei fondi di
finanziamento ordinario, privatizzazioni sempre più spinte
attraverso lo “sdoganamento” delle fondazioni di diritto privato,
veri e propri licenziamenti di massa del personale precario e
strutturato.

La legge 169
(ex dl 137) ribadisce come strumento privilegiato di drenaggio di
capitali dal settore pubblico al privato la barbara riduzione di
cattedre, numero di ore e numero di docenti necessari allo
svolgimento della normale didattica, l’annichilimento dello
strumento del tempo pieno, la perdita del lavoro, di fatto, di
migliaia di docenti di ruolo e precari.

Il recente dl
180 fraziona il fronte che per più di un mese ha tenuto testa ai
folli provvedimenti dell’esecutivo, dividendo gli atenei su base
esclusivamente economica tra virtuosi e non, ed esautorando alcune
fasce di docenza dalle commissioni dei concorsi per ricercatori.

Tutto ciò
palesa sempre più l’esigenza di rafforzare e rinsaldare un fronte
unico di opposizione alle politiche neoliberiste che,
strumentalizzando una crisi economica da esse stesse generata,
ripropongono con forza i tagli economici e la precarizzazione del
mondo del lavoro come unica possibile soluzione.

L’università
è infatti oggi un laboratorio in cui gli studenti ed i ricercatori,
i precari ed il personale ATA sperimentano sempre più brutalmente le
logiche del mercato e della mercificazione. I già consistenti tagli
hanno compromesso il lavoro di ricerca fino a mutarlo nel vero asse
portante del sistema, costringendo figure che dovrebbero sviluppare
nuovi percorsi di ricerca a sostenere carichi di lavoro aggiuntivi e
non retribuiti, senza i quali l’intera università crollerebbe
repentinamente; contemporaneamente il personale non docente è stato
sempre più assottigliato e umiliato attraverso l’ampio ricorso a
forme di contratto a tempo determinato. In questo contesto gli
studenti hanno sperimentato sulla propria pelle vent’anni di
controriforme, giungendo al tanto osannato sistema del “3+2” e
della strutturazione in crediti della didattica. Ancora una volta
ribadiamo la nostra assoluta contrarietà ad un siffatto sistema
universitario che ha fallito tutti i presupposti con i quali era
stato presentato e giustificato: le singole discipline si sono mutate
in pacchetti di crediti da acquisire, perdendo completamente ogni
connessione con le conoscenze e le competenze che ogni percorso di
studi dovrebbe garantire. Il sapere, privato di ogni connessione con
le problematicità del reale, si è mutato in una vera e propria
anticamera di un mondo del lavoro sempre più precario e privo di
garanzie, e mentre cadono i canali che una volta garantivano
l’inserimento nel mondo del lavoro, assistiamo ad un uso massiccio
e strumentale della retorica della produttività e della
meritocrazia.

Gli studenti
universitari sono dunque veri e propri precari in formazione, futuri
disoccupati che non possono prescindere dal collocarsi in un fronte
unico di opposizione sociale con i migranti, i senza casa, gli
operai, i lavoratori precari e disoccupati. I licenziamenti massicci
all’Alitalia, alla Fiat, alla Telecom, i tagli al welfare state, al
sistema previdenziale e a quello sanitario, l’impoverimento sempre
più tangibile di milioni di italiani, lo sfruttamento brutale degli
immigrati, sempre più forza lavoro ricattabile e funzionale ad
abbassare il costo del lavoro (il tutto giustificato con
pseudopolitiche securitarie, rigurgiti neorazzisti e deportazioni
illegali nei centri di permanenza temporanea), l’assenza di una
seria politica sull’edilizia pubblica, la devastazione ambientale
condotta attraverso faraoniche e costosissime grandi opere o metodi
contraddittori di gestione delle problematiche ambientali, sono tutte
questioni che ci riguardano in prima persona, nella necessità di
costituire nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro
delle reti di resistenza al neoliberismo ed alle sue cieche
politiche.

La lotta deve
dunque ampliare il suo raggio ed affrontare tutte quelle
problematiche che in questo momento vedono contrapporsi da un lato
lobby spietate di privati, il cui unico interesse è e resta il
profitto assoluto, dall’altro tutti coloro che in questo momento
resistono, nella comune intenzione di difendere diritti sociali e
garanzie minime nel mondo del lavoro, nella società tutta.

L’obiettivo
deve diventare un’opposizione consapevole e complessa ad un
capitalismo che ha messo in ginocchio fasce consistenti della società
e divorato in pochi anni diritti fondamentali; come studenti e
universitari dobbiamo evitare ogni forma di autoreferenzialità della
lotta, uscendo dai limiti angusti della didattica e della ricerca,
senza per questo dimenticare le specificità dalle quali si è
generato il nostro movimento.

Ribadiamo
dunque l’assoluta ed ineludibile necessità di sviluppare a tutti i
livelli forme di coordinamento con le realtà in lotta nelle scuole e
nelle università, con i docenti precari, con i lavoratori e gli
immigrati, con tutte le realtà che resistono alle svariate forme di
precarizzazione delle esistenze.

Aderiamo
convintamene alla data del 12 dicembre, una giornata di sciopero
generale che va dunque generalizzato e che vuole e deve porsi come
obiettivo una netta opposizione all’attuale stato di cose, per
rimettere all’ordine della discussione un cambiamento della società
tutta.


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