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DOCUMENTO DI SINTESI APPROVATO DALLA ASSEMBLEA DELL’ATENEO TENUTASI A PALERMO IL GIORNO 17 OTTOBRE 2008

Il giorno 17 ottobre 2008 presso il polo di Viale delle Scienze si è tenuta l’Assemblea dell’Ateneo di Palermo per discutere degli effetti della Legge 133 sull’Università statale italiana ed in particolare sull’Ateneo palermitano, e delle iniziative di protesta da intraprendere. All’Assemblea hanno partecipato più di duemila tra docenti, studenti, dottorandi, assegnisti e personale tecnico amministrativo. Sono intervenuti l’attuale Rettore (Prof. Silvestri) ed il prossimo Rettore (Prof. Lagalla). Hanno, inoltre, preso la parola studenti, docenti, dottorandi, assegnisti e personale tecnico amministrativo.
Il Rettore ha annunciato la sospensione delle attività didattiche dell’Ateneo per il giorno Martedì 21, affinché si possano tenere alle ore 09.00 a.m assemblee dei docenti e degli studenti in tutte le Facoltà.
In particolare, sono stati sottoposti all’approvazione dell’Assemblea due documenti elaborati dalle Assemblee delle Facoltà di Ingegneria, Scienze e Lettere. I documenti sono stati approvati dall’Assemblea che ha deliberato di integrarli in un unico documento di seguito riportato.

DOCUMENTO DI SINTESI APPROVATO DALLA
ASSEMBLEA DELL’ATENEO TENUTASI A PALERMO
IL GIORNO 17 OTTOBRE 2008

I partecipanti all’Assemblea di Ateneo hanno espresso viva preoccupazione per i provvedimenti contenuti nella legge n. 133 del 6/8/2008. Tale legge non costituisce una riforma volta ad eliminare i difetti dell’Università italiana, ma impone unicamente delle riduzioni economiche e del personale così drastiche agli Atenei italiani da produrre, nel giro di pochi anni, effetti devastanti sul funzionamento del sistema universitario pubblico.
Si tratta di provvedimenti miranti ad un depauperamento progressivo ed assai allarmante delle Università italiane che comportano gravi penalizzazioni, sia per tutti coloro che operano nell’ambito dell’Università Pubblica, sia per coloro che fruiscono dei suoi servizi, in particolare gli studenti e le loro famiglie.
Durante l’Assemblea sono stati evidenziati i punti della suddetta legge che risultano di particolare criticità per il futuro dell’Università:
– riduzione al 20% del turnover dell’unità di personale (una nuova assunzione ogni cinque pensionamenti) con conseguente forte impoverimento del corpo docente, grave compromissione del rinnovamento dello stesso, impossibilità di procedere all’assunzione di nuovi ricercatori e inevitabile diminuzione delle opportunità di formazione degli studenti;
– riduzioni progressive e sempre più drastiche del Fondo di Finanziamento Ordinario che costringerà, per fare fronte alle necessità economiche dei singoli Atenei, anche all’innalzamento progressivo delle tasse d’iscrizione per gli studenti ed alla inevitabile diminuzione dei servizi erogati;
– possibile trasformazione, anche se non obbligatoria, degli Atenei italiani in Fondazioni di diritto privato, via difficilmente perseguibile da molti Atenei, soprattutto quelli meridionali, che soffrono per la mancanza di un tessuto economico e industriale locale forte e progredito.
Al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica e gli organi competenti su questo problema cruciale per lo sviluppo stesso del Paese, l’Assemblea delibera di intraprendere le seguenti azioni:
1) lettura del presente documento in tutte le aule dell’Ateneo durante le ore di lezione e in occasione delle adunanze degli organi collegiali e invito alla sottoscrizione dei documenti di protesta appositamente redatti da parte di Studenti e Docenti;
2) istituzione di tavoli per la raccolta di firme di sottoscrizione dei documenti di protesta di cui al punto precedente;
3) coordinamento a livello nazionale per l’indizione di una giornata di astensione dalle attività didattiche e di una manifestazione contro la Legge 133;
4) svolgimento di lezioni nei luoghi pubblici della città di Palermo, previa comunicazione alle Autorità competenti, e/o in orari notturni presso le strutture dell’Ateneo, organizzate dai tavoli di coordinamento;
5) forme di protesta energiche, quali la rinuncia agli incarichi di docenze per supplenza, per carico didattico aggiuntivo e per contratto, da mettere in atto nella ipotesi di adesione corale di Docenti e Studenti, con conseguente sospensione e/o mancato avvio dell’Anno Accademico;
6) richiesta al Senato Accademico di deliberazioni riguardanti:
a) La presa di posizione nei confronti della legge 133 con particolare riferimento alle linee generali di politica finanziaria da adottare nell’ateneo di Palermo;
b) La netta presa di posizione contro qualsiasi ipotesi di trasformazione dell’Ateneo palermitano in fondazione, che impegni gli organi collegiali per il presente ed il futuro.
7) istituzione di tavoli di coordinamento che coinvolgano docenti, assegnisti, dottorandi e studenti da attivarsi a diversi livelli (Facoltà, Ateneo, Atenei italiani);
8) acquisto, a seguito di auto-finanziamento, di spazi sui principali quotidiani locali e nazionali, sui quali illustrare le ragioni della protesta (il documento andrà predisposto dai tavoli di coordinamento). A tal fine i docenti manifestano la disponibilità a devolvere il corrispettivo di una giornata lavorativa;
9) adesione di tutti i docenti, assegnisti, dottorandi e studenti alla manifestazione di protesta indetta per il giorno 20 ottobre, in vista anche della probabile presenza del Ministro;
10) richiesta al Magnifico Rettore di disporre l’oscuramento dell’intero sito WEB dell’Ateneo per le giornate di protesta. Le pagine verranno coperte da un breve messaggio che spieghi le ragioni della protesta;
11) richiesta di annullamento delle manifestazioni celebrative per l’inaugurazione del nuovo Anno Accademico e destinazione della eventuale cifra stanziata in bilancio per l’acquisizione di ulteriori spazi informativi su quotidiani nazionali, secondo modalità concertate tra gli Atenei italiani. In tal senso si chiede al Rettore di farsi parte attiva presso i Rettori di altri Atenei;

12) organizzazione di ogni ulteriore forma di protesta utile e condivisa.


ANALISI PRELIMINARE – Documento redatto e condiviso dagli studenti riuniti in Assemblea Permanente presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo.

L’attacco
congiunto contro scuola e università, portato avanti dal
reazionario governo Berlusconi, prosegue ed accentua una linea
politica ormai ventennale, che ha gradualmente ma inesorabilmente
ridotto la spesa e gli investimenti nel settore dell’istruzione e
della formazione pubbliche, smantellato la qualità dei saperi
e delle conoscenze, precarizzato la vita di centinaia di migliaia di
studenti e di lavoratori ed avvantaggiato la speculazione dei privati
(basti pensare alle galassie di diplomifici parificati e di
università private proliferati nell’ultimo decennio).

Il
percorso di delegittimazione del sistema collettivo di diritti e di
garanzie si è tradotto in una serie di provvedimenti
legislativi che, a partire dalle leggi Ruberti e Berlinguer che
introducevano rispettivamente l’autonomia per gli atenei e per gli
istituti scolastici, insieme con la parifificazione con gli istituti
privati, passa dalla legge Zecchino e dal tragico “3+2”, per
concludersi oggi con gli attuali provvedimenti governativi (
legge
133/2008, DL 137, proposta di legge Aprea
)
e con la destinazione al capitale finanziario e alle banche delle
risorse di università e della ricerca (
decreto
legge “salva banche” n. 155/2008
).

Tutti
gli esecutivi sinora succedutisi (centro-destra e centro-sinistra) si
sono dunque uniformati, attraverso pratiche e modalità
differenti, sottoscrivendo un tale percorso.

I
denominatori comuni di un tale progetto politico sono individuati nel
crescente attacco al mondo del lavoro e ai suoi diritti e nella
frammentazione in categorie della classe lavoratrice; a tal proposito
si ricordano la precarizzazione del lavoro portata avanti dal
“pacchetto Treu” e dalla successiva “legge Biagi”.

Costante
è stata la strumentale delegittimazione dell’intero settore
pubblico, proposto come covo di scansafatiche e di nullafacenti; è
inaccettabile che oggettive ma parziali inefficienze dell’apparato
dello stato e delle amministrazioni vengano generalizzate e
faziosamente utilizzate come grimaldello per scardinare l’intero
sistema di diritti collettivi e di stato sociale. Il rifiuto di
sprechi e di inefficienze può e deve conciliarsi con un
sistema pubblico di garanzie e di diritti senza il quale i beni
essenziali (scuole, ospedali, università) non sarebbero più
garantiti collettivamente ma si trasformerebbero in servizi erogati
da imprese private.

Quando
la gestione dei diritti diventa fonte di accumulazione di profitto,
questi diventano appannaggio esclusivo di chi può contare su
una disponibilità economica consistente. Ci rifiutiamo di
accettare questa falsa retorica meritocratica da parte di una classe
politica che ha costruito buona parte del proprio bacino di consenso
elettorale attraverso una gestione mafiosa e clientelare delle
pubbliche amministrazioni.

Il
nemico è dunque costituito da un blocco storico dominante e
reazionario che riunisce insieme neofascisti, mafiosi, affaristi e
speculatori, élites politiche senza scrupoli, massoni e
criminali vari, che intendono fare del paese e delle sue strutture
terreno di caccia per i loro interessi privati ed esclusivi, che
intendono asservire l’intera società, affamandola e rendendola
docile e sottomessa attraverso l’uso convergente dell’asservimento
culturale e della gestione clientelare dei bisogni.

Per
fare questo occorre appropriarsi delle menti e delle coscienze,
dunque della capacità rappresentativa e quindi di prassi
politica delle future generazioni; in questo senso vanno letti i
tagli apocalittici alle strutture scolastiche sin dai livelli della
prima infanzia.

Duecentomila
posti in meno nella scuola, il taglio dei tempi pieni e prolungati,
le assunzioni ridotte del 80%, la trasformazione degli atenei in
fondazioni private, le drastiche riduzioni dei fondi ordinari delle
università, la degenerazione in senso classista dell’intero
comparto dell’istruzione e della formazione rappresentano l’incontro
dei due percorsi congiunti di attacco: smantellamento dell’unità
e dei diritti del mondo del lavoro e controllo e coercizione delle
coscienze.

Quest’ultimo
si esprime in un dissolvimento del sapere critico in quanto
potenziale vettore di disvelamento della retorica di regime che
riesce per esempio a spacciare classi separate per bambini immigrati
come strumenti di integrazione didattica e non per quello che sono
realmente: ghetti linguistici e conseguentemente sociali.

Quanto
sino ad ora detto non lascia dubbi sulla portata epocale della sfida
che ci troviamo a fronteggiare.

Un
attacco folle e agguerrito ai lavoratori, alla loro unità, ai
loro contratti nazionali, all’intero mondo della pubblica
amministrazione, alla formazione, alla cultura e dunque alla capacità
di pensiero e di azione dell’intera società.

L’assemblea
permanente auspica di poter dare vita a momenti di analisi e
controproposta condivisi dalle diverse componenti delle diverse
facoltà cittadine e di diversi atenei nazionali.

In
gioco c’è il futuro di centinaia di migliaia di lavoratori e
dell’intero paese.


Palermo
16 Ottobre 2008


Finanziaria, Gelmini &Co.

Abbiamo aperto una nuova sezione del blog dove è possibile leggere/scaricare le leggi, i decreti e le proposte di legge.

Per accedervi basta cliccare sul link "Finanziaria_Gelmini&Co" che trovate nel menù "Categorie".


Documento di Sintesi dell’Assemblea di Facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo del 14 Ottobre 2008

I
Docenti, Assegnisti di Ricerca,

Contrattisti,
Dottorandi e Studenti

della
Facoltà di Lettere e Filosofia


 


Oggetto:
Documento di Sintesi dell’Assemblea di Facoltà del 14 Ottobre 2008


I
partecipanti all’Assemblea di Facoltà del 14 Ottobre 2008 hanno
espresso viva preoccupazione per i provvedimenti contenuti nella
legge n. 133 del 6/8/2008. Tale legge non costituisce una riforma
volta ad eliminare i difetti dell’Università italiana, ma impone
unicamente delle riduzioni economiche e del personale così drastiche
agli atenei italiani da produrre, nel giro di pochi anni, effetti
devastanti sul funzionamento del sistema universitario pubblico.

Si
tratta di provvedimenti miranti ad un depauperamento progressivo ed
assai allarmante delle Università Italiane che comportano gravi
penalizzazioni sia per tutti coloro che operano nell’ambito
dell’Università Pubblica sia per coloro che fruiscono dei suoi
servizi, in particolare gli studenti e le loro famiglie.

Durante
l’ampio dibattito sono stati evidenziati i punti della suddetta
legge che risultano di particolare criticità

per
il futuro dell’Università:


  • riduzione
    al 20% del turnover dell’unità di personale (una nuova assunzione
    ogni cinque pensionamenti) con conseguente forte impoverimento del
    corpo docente, grave compromissione del

  • rinnovamento
    dello stesso, impossibilità di stabilizzare il numeroso personale
    precario e inevitabile

  • diminuzione
    delle opportunità di formazione degli studenti;

  • riduzioni
    progressive sempre più drastiche del Fondo di Finanziamento
    Ordinario con conseguente

necessità
di far fronte alle necessità economiche dei singoli Atenei, anche
attraverso l’innalzamento

progressivo
delle tasse d’iscrizione per gli studenti ed inevitabile
diminuzione dei servizi erogati;

  • possibile
    trasformazione, anche se non obbligatoria, degli Atenei italiani in
    Fondazioni di diritto

privato,
via difficilmente perseguibile da molti Atenei, soprattutto quelli
meridionali, che soffrono

per
la mancanza di un tessuto economico e industriale locale forte e
progredito.


Al
fine di sensibilizzare l’opinione pubblica su questo problema
cruciale per lo sviluppo stesso del Paese, l’Assemblea


PROCLAMA

uno
stato di agitazione e di assemblea permanente da svolgersi presso
un’aula sita nei locali della stessa Facoltà, al fine di promuovere
l’informazione, il dibattito e il confronto sulle modalità di lotta
e di protesta più idonee ed efficaci, nonché al fine di produrre
una propria analisi della grave situazione cui saranno destinate
scuole e università.

L’Assemblea
valuta inoltre la possibilità di intraprendere le seguenti azioni:


  • lettura
    del presente documento in tutte le aule della Facoltà durante le
    ore di lezione ed invito alla

  • sottoscrizione
    di documenti di protesta appositamente redatti da parte di Studenti
    e Docenti;

  • istituzione
    di tavoli per la raccolta di firme di sottoscrizione dei documenti
    di protesta di cui al

punto
precedente;

  • svolgimento
    di alcune lezioni nei luoghi pubblici della città di Palermo previa
    comunicazione alle Autorità competenti e/o in orari notturni presso
    le strutture della Facoltà;

  • diffusione
    del presente documento e dei documenti di cui al secondo punto
    presso tutte le Facoltà

dell’Ateneo
con invito alla sottoscrizione da parte di tutti i Docenti e Studenti
dell’Ateneo, anche in

vista
dell’Assemblea di Ateneo indetta per il giorno 17 Ottobre;

  • disponibilità
    a forme di protesta energiche, in particolare la rinuncia agli
    incarichi di supplenza e ai

carichi
didattici aggiuntivi con conseguente sospensione e/o mancato avvio

dell’Anno
Accademico corrente per l’intero Ateneo;

  • interazione
    e coordinamento con le altre Facoltà del nostro Ateneo e con le
    altre Università italiane

in
stato di mobilitazione;

  • invito
    al Rettore ad utilizzare la data di inaugurazione dell’Anno
    Accademico per una riflessione

profonda
sul destino della nostra Università;

  • organizzazione
    di ogni ulteriore forma di protesta utile e da tutti condivisa.



Palermo,
addì 14 Ottobre 2008


Sotto attacco dell’idiozia

L’attacco
congiunto contro scuola e università, portato avanti dal reazionario
governo Berlusconi, prosegue ed accentua una linea politica ormai
ventennale, che ha gradualmente ma inesorabilmente ridotto la spesa e
gli investimenti nel settore dell’istruzione e della formazione
pubbliche, smantellato la qualità dei saperi e delle conoscenze,
precarizzato la vita di centinaia di migliaia di studenti e di
lavoratori ed avvantaggiato la speculazione dei privati (basti
pensare alle galassie di diplomifici parificati e di università
private proliferate nell’ultimo decennio).

La
deriva autoritaria di sbilanciamento populista e fascista della
politica italiana si esprime anche nel fatto che tutta una serie di
stravolgimenti epocali nella vita collettiva del paese siano
perpetrati tramite il ricorso o ai decreti legge, dunque a
provvedimenti che, avendo l’efficacia di legge, omettono però il
normale iter legislativo – provvedimenti che poi un parlamento
schiavo e sottomesso non esita a convertire in legge ordinaria –
oppure per mezzo di un uso sconsiderato e criminale della richiesta
di fiducia. Scuola e università vengono difatti colpite in maniera
irreparabile senza nemmeno assumersi la responsabilità di una legge
organica apposita. Si sfruttano le normative precedenti e si operano
tagli apocalittici di personale o degli stanziamenti.

Ma
procediamo con ordine tentando di delineare un quadro approssimativo
della sciagura a cui l’intero paese sta per andare incontro.

Cominciamo
dalla scuola.

Il
trattamento riservatole è aspro e violento. Del resto lo
stravolgimento totalitario in senso fascista e reazionario delle
coscienze, per essere efficiente, non può non partire dai livelli
primari del sistema di istruzione.

Limitandoci
ai provvedimenti finora approvati o in via di approvazione il quadro
che si profila è quanto mai desolante.

Stando
a quanto emerge dall’
art.
64 della legge 133/2008 (ex DL n. 112/2008) e dal decreto-legge n.
137/2008 (decreto Gelmini)

le conseguenze nel comparto scuola sarebbero le seguenti:


La
scuola dell’Infanzia

(materna) si ridurrà al solo turno antimeridiano dalle 8,30 alle
12,30 imponendo così ai genitori di provvedere privatamente per le
ore pomeridiane con una spesa considerevole e senza alcuna garanzia
di serietà educativa.

La
scuola Primaria

(elementare)

regredisce al maestro unico e si vedrà ridotto l’orario
settimanale da 30 a 24 ore
.
Viene eliminata la pluralità degli insegnanti, dell’organizzazione
modulare che assicurava la molteplicità delle “presenze” e delle
esperienze cognitive.

Viene
eliminato il Tempo Pieno

(40 ore settimanali). Si impone ai genitori un altissimo costo per le
cure pomeridiane dei bambini senza alcuna garanzia di serietà
educativa; si impongono alle donne con figli condizioni lavorative
difficili o impossibili (
la
diminuzione di ore di scuola porta al “risparmio” di 87.000
insegnanti
)

In
tutti gli ordini di scuola

si
sta programmando
un
taglio di oltre 2.000 scuole

nel Paese (quelle sottodimensionate con meno di 600 alunni), che
porterà ad aumentare studenti ed alunni pendolari, con grandi spese
di trasporto, fatiche e disagi per studenti e per le famiglie.

In
tutti gli ordini di scuola

aumento
di 4 o 5 alunni per classe
.
La legge n. 133/2008 prevede che aumenti di una unità il rapporto
tra docenti e alunni: per realizzare questo assurdo obiettivo bisogna
che in ogni classe aumenti mediamente di due alunni il numero
massimo; nei fatti si realizzerà un aumento di 4/5 alunni nelle
classi dei centri urbani e soprattutto nelle grandi periferie.
Diminuirà il tempo reale che ogni insegnante potrà dedicare a
ciascuno studente, cresceranno gli insuccessi scolastici, i problemi
di gestione educativa e disciplinare delle classi (così
si
“risparmiano” 72.000 posti di docenti
).

In
tutti gli ordini di scuola

senza alcuna motivazione
si
taglia il 17% del personale non docente
:
700 Direttori amministrativi, 10.452 personale di segreteria, 3.965
assistenti tecnici per i laboratori, 29.076 collaboratori scolastici
(
in
totale 44.500 posti di non docenti “risparmiati”
).

Già
oggi questo personale è estremamente carente e ulteriori tagli
renderanno ingestibile la scuola.

Nelle
scuole secondarie di I grado

(medie) viene ridotto il Tempo Prolungato a 29 ore settimanali (dalle
32/33 ore attuali); con questa misura è previsto il
“risparmio”
di 13.600 docenti
.

Nelle
scuole secondarie di II grado
(superiori):
viene generalmente ridotto l’orario in tutti gli indirizzi, in
misura maggiore negli istituti Tecnici e Professionali in cui si
passerà dalle 36/38/40 ore alle 32 settimanali. Questo significa
diminuire il tempo-scuola per la cultura, i laboratori, le
discipline. Nei licei si passerà a 30 ore settimanali (in totale
questa misura prevede un primo
taglio
di 14.000 posti di docente
).

Con
questi provvedimenti si prevede complessivamente il taglio di oltre
200.000 posti nella scuola italiana.

Come
se non bastasse, nel bilancio di previsione dello Stato, per l’anno
finanziario 2008, è previsto un
calo
del finanziamento alle scuole per il funzionamento amministrativo e
didattico dell’81,9 % rispetto al 2001 e di poco meno della metà
rispetto al 2007
.
Sempre del 50% in meno rispetto al 2007 e del 72,4 % rispetto al
2004, saranno i finanziamenti per le supplenze brevi.

Il
dato gravissimo che emerge da una prima lettura politica della
situazione è quello di un’aggressione folle e sconsiderata ai
lavoratori delle scuole e alle loro esistenze. Per di più rilevanti
questioni di ordine didattico ed educativo subiscono una grave
banalizzazione, venendo tra l’altro sottratte al confronto e al
dibattito pubblici. Si assiste così ad una regressione verso modelli
arretrati e reazionari che rispolverano autoritarismi sorpassati ed
anacronistici (voto in condotta, maestro unico), che all’esame dei
fatti si traducono nel classico fumo negli occhi: non destinando
alcun finanziamento, al contrario amputando intere fette del mondo
scolastico, quelle misure si dimostrano per quello che sono, pura e
banalissima retorica reazionaria. Con l’immagine puramente illusoria
di un ritorno ad un passato spacciato nostalgicamente come più
disciplinato, si vuole nascondere lo sfacelo a cui si sta destinando
l’intero paese. Fortemente sotto attacco vengono ad essere le donne e
la loro possibilità (già oggi ardua) di decidere autonomamente di
conciliare la vita lavorativa e una vita familiare che le vede,
purtroppo, ancora più esposte dell’uomo nella gestione dei figli. Lo
smantellamento dei tempi pieni e prolungati, insieme alla riduzione
generale del monte ore, si tradurrà in un ulteriore sovraccarico
delle vite delle donne, con il conseguente arretramento reazionario e
familista della società nel suo complesso, in particolar modo, poi,
di quella meridionale. Tutto questo fa parte di un disegno
complessivo che smobilita e destina allo smembramento l’intero
settore delle amministrazioni pubbliche, dunque del sistema di
garanzie e di diritti dello stato sociale. L’aggressione al mondo
della formazione non si limita dunque alla scuola. Anche l’università
subisce un’aggressione senza precedenti, che non a caso è contenuta
negli articoli dello stesso provvedimento che colpisce istituti
scolastici e pubblica amministrazione in generale.


Gli
atenei così come li abbiamo conosciuti fino ad ora sono infatti
destinati a svanire: stando infatti all’art. 16 della legge 133/2008,
potranno deliberare la loro trasformazione in fondazioni di diritto
privato
, cioè in
enti autonomi composti anche da soggetti e aziende private, che
entreranno in possesso dei patrimoni, mobili e immobili, delle
università. La beffa è per di più costituita dal fatto che gli
atti di trasformazione e di trasferimento dei beni immobili a
vantaggio delle fondazioni saranno esenti da tasse e imposte. Una
cricca di speculatori non dovrà neanche pagare le tasse, dopo
essersi intascata patrimoni pubblici, originariamente pagati con le
risorse dell’intera comunità. Gli atenei saranno così costretti a
deliberare la propria fine, trasformandosi in fondazioni, vista la
drastica riduzione di
risorse destinate alle università ( circa 1441 milioni di euro in
meno entro il 2013).

In
terra di mafia e di speculazioni affaristiche, possiamo
tranquillamente immaginare che tipo di nuovi soggetti verrebbero a
comporre i consigli di amministrazione delle neonate fondazioni!

Per
di più, una volta scaduto il contratto collettivo di lavoro, tutto
il personale occupato nelle ex università pubbliche, diverrebbe
dipendente da un soggetto privato, che potrebbe luogo per luogo,
momento per momento, stabilire a piacimento i criteri di selezione
dei lavoratori, i contratti da stipulare, le condizioni lavorative.
Questo causerebbe un’ulteriore frammentazione della classe
lavoratrice, attaccando ancora di più la centralità del contratto
collettivo nazionale come strumento fondamentale di difesa del
lavoro.

È
evidente che la trasformazione in senso privatistico ed aziendale
degli atenei, cancellerà la libertà di ricerca, di espressione, di
protesta all’interno delle nostre facoltà: perché dover fare
ricerca sulle cellule staminali se la fondazione universitaria vede
tra i suoi soci esponenti o aziende legati all’oscurantismo
cattolico? Perché dover studiare un pensatore critico, scomodo, se a
gestire la propria facoltà vi è qualche “amico degli amici”,
qualcuno legato all’élite dominante che prova ogni giorno a ridurci
al silenzio? Perché dovrebbe essere legittimo richiedere un
assemblea, occupare una facoltà, disporre di un’aula autogestita
dagli studenti, quando l’università è di proprietà di pochi
azionisti?

I
poteri dominanti del sempre più fascista e mafioso stato italiano
vogliono allungare le loro grinfie sulle menti e sulle coscienze,
dunque sulla capacità rappresentativa e quindi di prassi politica
delle future generazioni. L’asservimento volontario, la coercizione
democratica e consensuale sarebbero così ottenuti. Dominio ed
egemonia della reazione andrebbero definitivamente a braccetto.

La
linea che emerge dal provvedimento in esame è quindi quella di voler
puntare solo ed esclusivamente su
pochi
poli di presunta eccellenza
,
abbandonando il sistema universitario nazionale allo sbando e allo
smembramento interessato dei privati.

Le
università, nel triennio 2009-2011, non potranno assumere più del
20% del personale andato in pensione nell’anno precedente, e non più
del 50% nel 2012
.

Sono,
questi, i termini di un totale smantellamento, che si associa
all’attacco a tutto il settore pubblico dello Stato.

Quello
che si sta per compiere è un ulteriore attacco alle garanzie
collettive e ai diritti di questo paese. Ancora una volta i poteri e
le élites dominanti, legati ad interessi privati, a mafie ed a
consorterie criminali e massoniche, portano avanti un progetto di
infiltrazione nei gangli vitali della società. Dopo essersi
impossessati (col consenso di tutti i governi succedutisi)
dell’economia nazionale, dopo aver fatto grandi profitti personali ed
aver fatto crollare le grandi aziende ex pubbliche, dopo aver gestito
le grandi privatizzazioni, il grande capitale criminale, dominante in
Italia, vuole banchettare con i resti delle pubbliche
amministrazioni. Entrerà dunque nelle università attraverso le
fondazioni, nelle scuole attraverso lo spazio che sempre di più
verrà delegato ai privati (es. cooperative o presunte tali che
sostituiranno le scuole in quello che era il tempo pieno o
prolungato).

Per
fare questo occorre però smantellare il sistema esistente, affamarlo
tramite tagli di enorme portata e destabilizzarlo anche dal punto di
vista lavorativo e delle garanzie sindacali e contrattuali. A
testimonianza di come non ci si stia inventando nulla, di come lo
spirito reazionario dell’attuale compagine governativa non teme di
mostrarsi nella sua interezza, citiamo una proposta di legge che
verte sul governo delle istituzioni scolastiche, sulla selezione e
sullo status giuridico dei docenti. La proposta (
n.953/2008)
reca la firma della deputata
Aprea,
presidente della commissione cultura della camera, nonché per chi
non lo ricordasse, sottosegretaria alla mai compianta Moratti durante
la XIV legislatura. Nessuno ne parla, soprattutto i sindacati
confederali che sono i principali corresponsabili di venti anni di
attacchi alla scuola e all’università pubbliche. Anticipiamo
brevemente alcuni dei più allucinanti punti della proposta che,
ribadiamo, è espressione non di un cane sciolto della maggioranza,
bensì di una sua autorevole voce di settore, al fine di delineare
ancor meglio l’ampiezza e la compattezza del fronte di attacco
reazionario che ci vede oggetto di aggressione.


Anche
alle scuole toccherebbe la sorte di costituirsi in fondazioni
,
con tutte le conseguenze del caso, prima fra tutte la partecipazione
degli eventuali “partners” agli organi di governo scolastici
(vale a dire di privati che decideranno, di fatto, di comprarsi una
scuola).

Sparirebbero
i consigli di istituto e verrebbero creati dei consigli di
amministrazione

che oltre a poter deliberare circa il proprio regolamento (senza che
nessuno al suo esterno possa sindacarne le scelte), avrebbero anche
la facoltà di definire il regolamento di istituto e di approvare il
piano dell’offerta formativa, estendendo così il proprio potere su
tutta l’attività scolastica. I consigli di amministrazione
potrebbero creare regolamenti che permettano ai privati, o comunque
ai soggetti non scolastici (esclusi cioè docenti, studenti e
genitori che sarebbero relegati a comparse minoritarie ), di avere
sempre la maggioranza all’interno di questi organi. I collegi dei
docenti verrebbero così ad essere asserviti ai consigli di
amministrazione, in quanto soggetti ai regolamenti di istituto decisi
da quest’ultimi.

Verrebbero
istituiti dei
nuclei
di valutazione dell’efficienza
,
composti
anche da membri esterni, che, dietro retribuzione, dovrebbero
valutare “l’efficacia e la qualità del servizio scolastico”,
valutazioni da cui dovrebbero poi dipendere le offerte formative
degli anni successivi, oltre che la possibilità di disporre di
finanziamenti. Si vuole in sostanza creare un meccanismo che
legalizzi la corruzione: per avere un’offerta didattica accattivante,
e per ottenere risorse finanziarie, gli istituti dovranno poter
vantare delle valutazioni positive, per ottenere valutazioni positive
basterà richiedere e profumatamente pagare i membri esterni
compiacenti.

Ma
l’attacco al mondo dei saperi continuerebbe attraverso l’ulteriore
precarizzazione dei futuri docenti: abolite le odiose, inutili e
mafiogene S.S.I.S., l’insegnamento sarebbe accessibile solo per
coloro che conseguiranno apposite lauree magistrali-specialistiche
non ancora esistenti. Questo significa che tutti coloro attualmente
iscritti nei corsi biennali non potrebbero accedere all’insegnamento.
Verrebbe istituito un
Albo
Regionale degli abilitati
,
che dovrebbe sostituire le graduatorie provinciali, generando un
sistema poco funzionale, che comprometterebbe la mobilità dei
docenti e che si presenta sin dall’inizio privo di trasparenza. Una
volta laureati e inseriti nel fantomatico Albo Regionale, si
profilerebbe
un
anno di contratto di “inserimento formativo al lavoro”
,
in cui l’ufficio scolastico regionale svolge le funzioni di
un’agenzia interinale, destinando i malcapitati neo-professori ad un
contratto a tempo determinato, stipulato direttamente dal dirigente
scolastico di turno, che assume cosi le vesti di un vero e proprio
datore di lavoro. Come se non bastasse, durante l’anno, sul precario
“vigilerebbe” un tutor, specificatamente retribuito per
l’occasione, e i neo-docenti dovrebbero associare alle responsabilità
di insegnamento, ulteriori attività formative (oltre al normale
orario lavorativo!!!) coordinate dalle università (ancora loro!!),
sulla base di quanto stabilito dalle valutazioni dei tutors stessi,
che diventerebbero così i gabelloti di questo feudalesimo
scolastico, il cui arbitrio potrebbe decidere della vita di migliaia
di lavoratori.

A
conclusione dell’anno a tempo determinato dovrebbe svolgersi una
discussione di fronte ad una apposita commissione avente come fine un
giudizio ed un punteggio sull’attività di docenza.

Ancora
una volta il tutor disporrà in questo caso di un enorme potere di
influenza sulla valutazione finale.

Alla
fine di questo percorso pazzesco l’unico sistema di attribuzione dei
posti disponibili nelle scuole sarebbero dei
concorsi
d’istituto
,
banditi con una cadenza “almeno triennale” e totalmente gestiti
dalle scuole e dai dirigenti scolastici.

Emerge
in maniera clamorosa l’intento neo-corporativo e reazionario che sta
alla base di tale proposta:
la
professione docente verrebbe gerarchizzata in tre distinte categorie
di docenti (“iniziale, ordinario ed esperto”)
,
aventi distinti riconoscimenti giuridici e retributivi e differenti
mansioni organizzative all’interno delle scuole (ai cosiddetti
“docenti esperti” verrebbero infatti riservate tutte le attività
di coordinamento, di assegnazione dei progetti, di collaborazione con
il dirigente scolastico e di aggiornamento dei docenti “iniziali”,
tutto specificamente retribuito).

La
logica neo-corporativa da bottega medievale in salsa
burocratico-modernista, si esprime nel fatto che la progressione nei
tre livelli non sarebbe regolata soltanto dal criterio dell’anzianità
lavorativa, ma verrebbe ad essere vincolata agli esiti positivi di
periodiche valutazioni, effettuate da commissioni apposite e sarebbe
regolamentata tramite selezione per titoli e concorsi. Gli esiti
delle valutazioni e delle selezioni sarebbero di volta in volta
registrati nel portfolio personale del docente, andando di fatto ad
istituire una vera e propria fedina penale dell’insegnante, che
verrebbe così esposto ad un sistema di controllo repressivo e
punitivo da regime totalitario. Infine, sfruttando il neonato sistema
tripartito delle docenze, si istituirebbero inquietanti strutture
professionali-corporative, che vigilerebbero (!) sulla disciplina
degli iscritti-aderenti e influirebbero sulle linee guida della
didattica. Queste organizzazioni sembrano, ad una prima lettura, la
chiave con cui attaccare le rappresentanze sindacali unitarie, cui
andrebbero sostituite delle rappresentanze sindacali della sola area
dei docenti (con il certo benestare delle organizzazioni sindacali
confederali, da sempre favorevoli a derive settoriali finalizzate al
monopolio sindacale).


Quanto
sino ad ora detto non lascia dubbi sulla portata epocale della sfida
che ci troviamo a fronteggiare. Un attacco folle e agguerrito ai
lavoratori, alla loro unità, ai loro contratti nazionali, all’intero
mondo della pubblica amministrazione, alla formazione, alla cultura e
dunque alla capacità di pensiero e di azione dell’intera società.

In
gioco c’è il futuro di centinaia di migliaia di lavoratori e
dell’intero paese.

Il
nemico è costituito da un blocco storico dominante e reazionario che
riunisce insieme neofascisti, mafiosi, affaristi e speculatori,
élites politiche senza scrupoli, massoni e criminali vari, che
intendono fare del paese e delle sue strutture terreno di caccia per
i loro interessi privati ed esclusivi, che intendono asservire
l’intera società, affamandola e rendendola docile e sottomessa
attraverso l’uso convergente dell’asservimento culturale e della
gestione clientelare dei bisogni.

I
diritti e la libertà non devono essere sconfitti. Occorre
mobilitarsi come studenti, ricercatori, precari, docenti, lavoratori
in genere, per difendere e rilanciare la scuola e l’università
pubbliche e di stato, le garanzie e i diritti collettivi alla salute,
al lavoro, alla pensione, alla dignità.


Saperi
in Lotta

Coordinamento
dei Collettivi Universitari e Studenteschi


Governo nuovo… politiche vecchie!

Dopo
quasi vent’anni, il percorso di delegittimazione e umiliazione che ha
visto
scuola
e
università
essere vittime designate di un consapevole progetto economico e
politico, giunge finalmente a termine. Dopo Ruberti,
Zecchino-Berlinguer, Moratti, Fioroni-Mussi, tocca adesso alla
ministra Gelmini assestare quello che potrebbe essere il definitivo
K.O. alla formazione delle nuove generazioni di questo paese.

  • Nuovi
    tagli ai magri posti di lavoro e in misura sempre maggiore. Dopo la
    cura dimagrante del “fu” governo Prodi, adesso le riduzioni di
    personale arriveranno alle pazzesche cifre di
    160
    mila posti in meno tra docenti e personale ATA
    .
    Sia le scuole che le università non potranno assumere più
    del 20% del personale che gradualmente andrà in pensione (un
    solo docente assunto per cinque che vanno in pensione!!!). Il
    ritorno al maestro unico spezzerà la schiena al sistema di
    insegnamento primario e, associato al taglio del 50% degli
    insegnanti di sostegno, lascerà senza lavoro moltissimi
    giovani insegnanti, facendo sì che le classi siano composte
    da un numero sempre maggiore di studenti.

  • Ancora
    tagli ai
    finanziamenti ordinari delle università

    per un totale di
    1441,5
    milioni di euro

    entro il 2013.

  • Un
    meccanismo di reclutamento e di selezione del personale docente a
    dir poco agghiacciante: abolita l’indecorosa SISSIS, ci ritroveremmo
    adesso con un’ipotesi di
    concorsi
    a cattedra banditi

    su base scolastica,
    con un immenso potere del dirigente scolastico (sempre più
    datore di lavoro)
    ,
    con verifiche del lavoro dei docenti assegnate a fantomatiche
    commissioni scolastiche e a super-professori “esperti” in
    materia, con ventilate nuove lauree magistrali abilitanti (le nostre
    probabilmente non andranno bene!) per l’insegnamento, create ad hoc
    per selezionare tra chi ha l’esigenza di lavorare e chi invece andrà
    a costituire l’élite accademica del paese.

  • Una
    criminale trasformazione di scuole e atenei in fondazioni private
    .
    Spariranno i consigli di istituto, verranno creati dei consigli di
    amministrazione e la trasformazione in aziende sarà così
    completa. Con una graduale immissione di capitali, strumentalmente
    giustificata come soluzione ai necessari tagli di spese ritenute
    inutili, i privati si accaparreranno non solo i nostri percorsi di
    ricerca e di studio (potendo così esercitare un controllo
    sulle nostre menti), ma avranno in regalo, con il voto di pochi e
    reazionari docenti dei senati accademici, la possibilità di
    stabilire i criteri di selezione dei lavoratori, i contratti da
    stipulare, le condizioni lavorative, divenendo tra l’altro
    proprietari dei beni all’interno dei quali oggi si trovano scuole e
    università italiane.

  • Un
    ritorno all’idea fascista che punire, sorvegliare, minacciare di
    bocciatura, valutare la condotta, siano soluzioni credibili a
    problemi che si continua a voler considerare generatisi nella scuola
    (in realtà organici alla società) e che si pretende
    dunque, con malcelata ipocrisia, siano “guaribili” tra le classi
    e le aule delle nostre scuole e facoltà.


 

Come
studenti e universitari, come futuri lavoratori della formazione (e
non solo), come cittadini di un paese alla definitiva deriva, abbiamo
il compito di denunciare e combattere con ogni mezzo una situazione
ormai insostenibile. Siamo stanchi e non siamo più disposti a
tollerare che sulla nostra pelle si sperimentino politiche folli,
fatte a colpi di decreti-legge, finalizzate esclusivamente ad
avvantaggiare privati e poteri forti. Ci sentiamo parte di un unico
fronte che, insieme ai lavoratori di tutti i settori, ai precari, ai
marginali e agli immigrati, non accetta che da una parte vi siano
ristrette élite di potenti, sempre più padroni delle
nostre vite, e dall’altra una massa supina e silenziosa di schiavi.
Invitiamo alla
mobilitazione nelle scuole, nelle università e nei luoghi di
lavoro in difesa della formazione e della cultura di questo paese
.


 

                                                                           SAPERI IN LOTTA


Blog

Benvenuti, questo è il blog di "Saperi in Lotta", un coordinamento di collettivi di studenti/ricercatori di scuole e università in quel di Palermo. Speriamo vivamente di interagire con le realtà di altre città per creare un network di collettivi/individui che siano interessati alla difesa della formazione e della cultura di questo paese.